Trovare una baby sitter madrelingua inglese, così il bambino impara l’inglese già da piccolissimo. Oppure il francese, o qualsiasi altra lingua. Questo il desiderio di molti genitori. Ma che cosa si impara davvero con la baby sitter madrelingua? Fino a che età è utile? Quanto conta la relazione che si crea tra bambino e baby sitter? Ne parliamo con Cristina Bosisio, professoressa di didattica delle lingue moderne presso l’Università Cattolica di Milano.
Indice
Quali vantaggi con la baby sitter madrelingua?
Professoressa Bosisio, alcuni genitori scelgono una baby sitter di madrelingua diversa dall’italiano perché i bambini imparino un’altra lingua fin da piccolissimi. In che modo una baby sitter madrelingua può aiutare un bambino a imparare una seconda lingua? “La baby sitter madrelingua può sicuramente essere di aiuto per familiarizzare il bambino a una seconda lingua, a patto che abbiamo chiari gli obiettivi. Non possiamo aspettarci che un bambino che vive in Italia con genitori italiani diventi bilingue perché passa alcune ore con la baby sitter madrelingua. Lo stesso termine “imparare” non è quello giusto: un bambino non impara l’inglese con la baby sitter – come non lo impara facendo Inglese due ore a settimana al nido o alla scuola materna”.
Quale deve essere allora l’obiettivo per chi sceglie una baby sitter madrelingua? “L’obiettivo è quello di esporre il bambino a lingua diversa e a una cultura diversa, secondo l’approccio della consapevolezza linguistica o language awareness. L’essere esposti a un’altra lingua fa bene sempre, fin da piccolissimi, che sia l’Inglese o il dialetto della nonna”. Vediamo perché.
Apertura mentale e curiosità
Entrare in contatto, da piccoli, con una lingua altra porta con sé molti vantaggi che non si misurano semplicemente con la capacità del bambino di parlare l’altra lingua dopo un anno o due, ma piuttosto in termini di apertura mentale, di ricchezza lessicale, voglia di imparare e curiosità. “La baby sitter che parla una lingua diversa da quella parlata in casa può aiutare a risvegliare il bambino al linguaggio, ad allenare le orecchie e il cervello. A capire che lo stesso significato può essere associato a più suoni: questa cosa che mamma chiama «mela», per la baby sitter è «apple». A fertilizzare il terreno per ottenere risultati migliori quando poi il bambino, a scuola, studierà le lingue in modo più strutturato.” Può succedere per esempio che il bambino non dica neanche una parola nella lingua della baby sitter ma i suoni o le parole che ascolta sedimentano nel suo cervello e, quando va a scuola, lo aiutano a ragionare e fare collegamenti tra le lingue e le parole.
Buona pronuncia
L’esposizione a un’altra lingua aiuta anche a tenere vivo e aperto lo spettro vocalico, cioè a mantenere viva la capacità di riprodurre un ampio ventaglio di suoni diversi (e quindi a pronunciare bene suoni che appartengono ad altre lignue). “I bambini sono capaci di riprodurre molto bene tutti i suoni perché il loro è un cervello molto plastico. Crescendo, invece, il cervello applica il principio dell’economia e perde la capacità di riprodurre i suoni che non ascolta spesso. Si può recuperare da grandi, ma si fa più fatica. Se però un bambino è esposto a molti suoni diversi da piccolo ed esercita almeno un po’ la capacità di riprodurli, quando da grande studierà un’altra lingua sarà facilitato perché avrà cervello e orecchie più allenati.”
Migliore consapevolezza linguistica
Una baby sitter di madrelingua diversa da quella parlata in casa può aiutare la consapevolezza linguistica del bambino nel suo complesso, ci spiega la professoressa Bosisio. Ma che cosa vuole dire? “Per capire meglio, prendiamo la teoria dell’interdipendenza linguistica di Jim Cummins e immaginiamo le nostre conoscenze linguistiche come un iceberg. Sopra il livello del mare vedremo più punte: una grande dell’italiano, magari un’altra è il dialetto, una più piccola sarà l’inglese. Ma sotto c’è una piattaforma comune. Quando studio una lingua, qualsiasi essa sia, faccio crescere una delle punte ma al tempo stesso faccio crescere tutto l’iceberg, ovvero tutta la mia consapevolezza linguistica“.
Essere esposti a lingue diverse da piccoli aiuta i bambini ad avere una migliore competenza comunicativa in senso lato: a sviluppare la capacità di usare le parole giuste al momento giusto, le parole giuste con l'interlocutore giusto, di passare da un codice a un altro, da una cultura all'altra
2. Baby sitter madrelingua dopo i 6 anni?
In genere a cercare una baby sitter madrelingua sono soprattutto i genitori di bambini piccoli, in età di nido o di scuola materna, perché sappiamo che da piccolissimi è più facile avvicinarsi a un’altra lingua. Ma ha senso cercare una baby sitter che parli un’altra lingua per bambini più grandi, diciamo dopo i 6 anni? È ancora utile a questa età, oppure è troppo tardi? “Per tutte le elementari abbiamo ancora tempo, dopo le medie è più difficile. Una volta si parlava di periodo critico per l’apprendimento delle lingue, mentre oggi non si è più così categorici, si parla ancora di periodo critico ma anche di periodi sensibili”.
Età a parte, molto dipende dal tipo di scambio tra baby sitter e bambino. Mentre i piccoli passano più tempo a tu per tu con la baby sitter, per i più grandi il tempo passato insieme a volte è solo quello del tragitto dalla scuola alla piscina e ritorno, con meno opportunità di scambio e di comunicazione.
3. Madrelingua, ma soprattutto baby sitter
Se decidi di trovare una baby sitter madrelingua Inglese – o di qualsiasi altra lingua si tratti- non dimenticare che stai cercando prima di tutto una baby sitter, non un’insegnante di Inglese. Soprattutto quando parliamo di bambini piccoli, la cosa che conta di più è trovare una brava baby sitter, che sappia accudire i bambini con professionalità e con passione. Il fatto che parli inglese o francese a livello madrelingua deve essere un qualcosa in più. Importante, ma non più importante di esperienza e capacità.
Anche perché, se non si crea una buona relazione tra bambino e baby sitter, questo può essere controproducente per l’avvicinamento alla lingua: se la baby sitter che parla francese non è molto simpatica, il bambino potrebbe provare antipatia anche per la lingua della baby sitter.
4. No alla rigidità
Come avvicinare un bambino piccolo a un’altra lingua? Qual è l’atteggiamento giusto che la baby sitter deve assumere? Parlare sempre e solo inglese e pretendere che il bambino dica “water” se vuole bere? O è meglio un approccio più morbido? “La baby sitter non dovrebbe mai avere un approccio rigido, mai pretendere che il bambino si esprima per forza nella lingua altra. La lingua della baby sitter deve essere sempre legata a momenti positivi e giocosi: si possono ascoltare canzoncine, perché l’apprendimento della musica e delle lingue sono collegati, leggere favole, guardare insieme un cartone animato. Tutto deve essere naturale e piacevole, mai forzato.”
5. Prevenire il rifiuto dell’altra lingua
A volte può capitare che i bambini più grandi abbiano un atteggiamento di rifiuto verso la lingua parlata dalla baby sitter. Come possiamo evitare che questo succeda? “Il bambino si rifiuta quando sente di fare uno sforzo inutile. Se la baby sitter parla italiano, perché devo chiedere l’acqua in inglese? Se la mamma parla due lingue, il bambino tende a usare con lei la lingua più comoda, quella che richiede meno sforzo. Con la baby sitter il problema potrebbe non porsi se il bambino sa da subito che è inglese e parla solo inglese. Un po’ come per i genitori di lingua diversa, si consiglia la regola «una persona, una lingua», un vecchio detto degli anni ’70 che per certi aspetti vale ancora, da mettere in pratica senza eccessiva rigidità”.
Se la baby sitter parla solo un’altra lingua, il bambino troverà più naturale rivolgersi a lei in quella lingua. Non sarà uno sforzo inutile. Ma anche in questo caso no all’eccessiva rigidità. La baby sitter deve prima di tutto far sentire accolto e compreso il bambino e dargli quello di cui ha bisogno, in qualunque lingua lo chieda.
6. Se la baby sitter non è madrelingua
L’ascolto di sonorità diverse, l’esposizione a una lingua diversa da quella che si parla in casa, fa bene al cervello e alle orecchie. Aiuta il bambino, da più grande, a ottenere risultati migliori nello studio delle lingue e migliora la sua proprietà di linguaggio e la sua capacità di comunicare in senso lato. Stimola la sua curiosità e la sua apertura mentale. Una baby sitter che parla inglese è un modo per offrire a un bambino tutti questi vantaggi. (Ma è utile anche il dialetto della nonna).
Tutti i benefici di questa esposizione precoce al linguaggio si possono ottenere, in modo diverso, anche con una baby sitter che parla solo italiano. Basta dedicare un po’ di tempo a procurarsi materiali utili: libri in altre lingue, cartoni animati, canzoncine, audiolibri. Youtube è un’ottima risorsa per trovare video e canzoncine, ma trovi molti materiali utili su siti dedicati (il British Council per esempio ha un sito dedicato all’apprendimento dell’Inglese per i bambini) o anche in bilblioteca. Chiedi alla baby sitter di dedicare un po’ di tempo ogni giorno all’ascolto di un’altra lingua. Così ci si può risvegliare alle lingue anche con la baby sitter non madrelingua. E anche con mamma.
E tu hai trovato una baby sitter madrelingua per tuo figlio? Qual è la tua esperienza? Raccontaci la tua storia, per confrontarti con altri genitori.
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